martedì 23 febbraio 2016

GUNS & VIOLENCE: LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

GUNS & VIOLENCE: LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Violenza contro le donne: le leggi federali degli USA e il rischio di detenzione di armi tra i partner maltrattanti - Psicologia

ID Articolo: 106966 - Pubblicato il: 23 febbraio 2015
Guns & Violence: la violenza contro le donne
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Troppo spesso “l’unica differenza tra una donna maltrattata e una donna morta è la presenza di una pistola”.
Negli USA il Secondo emendamento della Costituzione Americana sancisce dal 1791 il diritto di portare armi: «A well regulated Militia, being necessary to the security of a free State, the right of the people to keep and bear Arms, shall not be infringed.»; se tale diritto potesse essere esteso anche ai singoli cittadini, e non solo a milizie organizzate, è stato a lungo oggetto di dibattito e di diverse interpretazioni da parte delle Corti dei singoli stati. Nel 2008 la Corte Suprema ha posto fine alla questione: il diritto individuale dei cittadini a possedere armi da fuoco è inviolabile, al pari di quello di voto e di libertà di espressione.
È paradossale come tale sentenza sia nata dal ricorso di alcuni cittadini che sostenevano che difendere la propria famiglia nella propria casa fosse un diritto insindacabile: tra il gennaio del 2009 e il giugno del 2014 in più della metà delle uccisioni di massa con armi da fuoco l’assassino ha ucciso proprio il partner o un membro della propria famiglia.
La violenza domestica negli Stati Uniti è un problema strettamente legato alla violenza armata:negli ultimi 25 anni la maggior parte degli omicidi di partner sono stati commessi con una pistola e la probabilità che una persona che commette violenza domestica uccida il proprio partner aumenta di ben 5 volte se possiede un’arma da fuoco.

Poiché il rischio che possedere un’arma da fuoco si intersechi con la violenza domestica è molto elevato, diverse leggi federali e statali hanno cercato di porvi rimedio tentando di togliere le pistole dalle mani dei più pericolosi delinquenti tra le quattro mura. Le leggi più severe proibiscono infatti ai maltrattatori domestici e agli stalker di comprare o possedere un’arma (e qualora ne fossero già in possesso hanno l’obbligo di rinunciarvi) e al momento dell’acquisto richiedono attraverso il National Instant Criminal Background Check System una verifica che il compratore abbia o meno i requisiti per comprarla. Sono leggi che hanno contribuito a salvare la vita di numerose persone, soprattutto donne…dove e quando sono state applicate. Eh già, perché sono talmente tante le scappatoie e le difficoltà di applicazione di tali leggi nei diversi stati che i risultati ottenuti nella lotta alla violenza armata in casa non possono essere considerati assolutamente soddisfacenti!
Innanzitutto la legge federale non fa nulla per tenere le armi fuori dalla portata di fidanzati maltrattanti (nonostante la maggior parte delle donne venga uccisa più da uomini che sta frequentando che non dal proprio marito) né dalle mani di chi si è macchiato di reati minori (misdemeanor ) di stalking. In secondo luogo in 35 stati americani la legge statale non proibisce a chi è stato condannato per reati minori di violenza domestica di possedere un’arma da fuoco e poiché nel caso di un conflitto tra la legge statele e federale i tribunali statali non sono subordinati a quelli federali, l’applicazione della legge federale in questi casi è difficile.
A ciò aggiungiamo che acquistare un’arma negli USA è estremamente semplice: la legge federale richiede il Background Check (una verifica che dura spesso solo 90 secondi) solo per l’acquisto di armi presso rivenditori con licenza federale, ma non richiede tale controllo nella compravendita tra parti private o presso rivenditori senza licenza federale. È quindi sufficiente farsi un giro, per esempio, sul sito www.armslist.com per acquistare una Smith & Wesson: niente di più facile. Non stupisce che 1 su 4 degli acquirenti online a cui sarebbe proibito acquistare un’arma abbia precedenti per violenza domestica.
Infine molti stati non richiedono a chi è stato condannato per violenza domestica di rinunciare alle proprie armi da fuoco o non hanno procedure in grado di garantire che questo vi rinunci. Se si considera che contro le donne maltrattate vengono utilizzati i più disparati oggetti, anche solo per intimidirle o costringerle a fare o lasciarsi fare qualcosa contro la propria volontà, e che le armi da fuoco sono molto più comuni nelle case di donne maltrattate e dei loro partner, non ci si può non preoccupare, visto quanto sono letali (Sorenson & Wiebe, 2004).
Troppo spesso, infatti, “l’unica differenza tra una donna maltrattata e una donna morta è la presenza di una pistola” .

Tratto da State of Mind

DUE IPOTESI: PREDATORI O IMPULSIVI

DUE IPOTESI: PREDATORI O IMPULSIVI

L'aggressione premeditata è deliberata, eseguita a freddo mentre quella impulsiva consiste nel non tollerare il comportamento altrui e nell'agire d'impulso 

ID Articolo: 118417 - Pubblicato il: 23 febbraio 2016
Due ipotesi: predatori o impulsivi


Si può, grosso modo, classificare il comportamento aggressivo in: premeditato e impulsivo. L’aggressione premeditata è deliberata, eseguita anche a freddo.
Questo articolo è stato pubblicato da Giancarlo Dimaggio sul Corriere della Sera il 13/02/2016
Lo farà ancora? Di fronte al comportamento violento è l’unica domanda che mi interessa. Chi ha picchiato, rubato, stuprato, ucciso recidiverà? La sfida per ricercatori e psicoterapeuti è a tre livelli: prevedere, prevenire e curare. È di quelle responsabilità che fan tremare le vene dei polsi. Distinguerò tra un ragazzo geloso e un vero stalker? Terrò in carcere un soggetto che invece, se aiutato, sarebbe libero dall’impero della rabbia? Consiglierò la libertà di un uomo che con quasi certezza tornerà alla violenza? I miei strumenti saranno capaci di cambiare quelli la cui aggressività può essere controllata?

Aggressione premeditata (o del predatore)

Lontani dal seminare certezze, abbiamo conoscenze da offrire. La prima: si può, grosso modo, classificare il comportamento aggressivo in: premeditato e impulsivo. L’aggressione premeditata è deliberata, eseguita anche a freddo. È un comportamento predatorio: l’obiettivo è garantirsi risorse. Denaro, status, partner sessuali. Si attiva perché c’è una preda in vista. Una ragazza che rientri nei parametri che la definiscono desiderabile. Oppure perché un pericolo minaccia i propri possedimenti. Mi hai sfidato? Vuoi sottrarmi la ragazza, controllare il territorio in cui spaccio? Peggio per te, devo sottometterti. Con ogni mezzo a mia disposizione. Come diceva Pablo Escobar, il boss del cartello di Medellin ritratto nel telefilm Narcos: “Plata o plomo”. Soldi o piombo. L’aggressore premeditato corrisponde quasi completamente al profilo dello psicopatico, personalità a sangue freddo, incapace di rimorso, disinteressato al dolore degli altri.

Siamo chiari: per questo tipo di personalità, gli strumenti di cura sono spuntati, inutile provarci. In sua presenza, l’obiettivo è proteggere la comunità. Allo stato attuale della conoscenza scientifica l’idea che si debba tentare di riabilitarla è moralismo d’accatto, il prezzo lo pagano le vittime future.

Aggressione da impulsivività

Altra storia è l’aggressione impulsiva, lì il terapeuta può agire. Con la mia amica e collega Patrizia Velotti, curatrice del libro “Comprendere il male”, abbiamo svolto una ricerca pubblicata su Comprehensive Psychiatry. Emergevano due profili di comportamento antisociale. Il primo: gli aggressivi di natura. La loro violenza è indipendente dalla capacità di osservare il proprio animo. Predatori, potenziali psicopatici. Il secondo: persone con minor tasso di aggressività che tendevano al comportamento antisociale soprattutto in presenza di scarse capacità di osservarsi: tecnicamente le chiamiamo bassa mentalizzazione, metacognizione o mindfulness.
Come funziona? Semplice: subiscono un torto. Gli va, alla lettera, il sangue al cervello e aggrediscono, senza pensare. È il profilo dell’aggressore impulsivo. Ma tra minaccia percepita e attacco, la mente ha un tempo di latenza, in cui si può inserire lo psicoterapeuta. Li si porti allora a soffermarsi sul dolore provato prima di aggredire l’altro e, quando lo intravedono, li si aiuti a cercare altre strade per placarlo. Possono capire che il torto non era grave, che la mancanza di attenzione della compagna non era un’offesa irreparabile e invece di reagire con violenza è possibile il dialogo. Scoprono che quella ferita si può lenire, l’aggressione diventa superflua.

Tratto da State of Mind